Skip to main content

La legge di stabilità modifica le norme sul part-time

a cura di Tommaso Di Buono

MODIFICHE RECENTI NORME PART TIME
DOPO LEGGE STABILITA’ 2012
ex art. 22 legge 183 del 2011

• La trasformazione del contratto da tempo pieno a tempo parziale non richiede più la preventiva convalida, da parte della Direzione Provinciale del lavoro, dell’effettiva volontà del lavoratore.
L’articolo 22, comma 4, della legge di stabilità per il 2012 modifica l’articolo 5, comma 1, del decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 61 e, con la soppressione di questo aspetto procedurale, rende più semplice la trasformazione del rapporto di lavoro, da tempo pieno a part time.
E’ tuttavia opportuno evidenziare che nulla è cambiato in ordine alla previsione, dello stesso articolo 5 del D.lgs.61/00, che per la trasformazione sia necessario l’accordo delle parti, risultante da atto scritto.
Cambiano, invece, profondamente le regole relative alle clausole flessibili che le parti possono inserire nel contratto di lavoro a tempo parziale.
Il richiamato articolo 22, comma 4, abroga le lettere a) e b) del comma 44 dell’articolo 1 della legge n.247/2007, che avevano modificato i commi 7 e 8 dell’articolo 3 del D.lgs. n. 61/2000 attribuendo alla contrattazione collettiva la possibilità di inserire le clausole di flessibilità ed elasticità.
Con l’abrogazione delle lettere a) e b) del comma 44 dell’articolo 1 della legge n.247/2007, torna applicabile il testo previgente dei commi 7 e 8 dell’articolo 4 del D.lgs.n.61/2000.
Pertanto, con l’entrata in vigore della legge di stabilità 2012 le parti del contratto di lavoro a tempo parziale possono, concordare clausole flessibili relative alla variazione della collocazione temporale della prestazione lavorativa.

Nei rapporti di lavoro a tempo parziale di tipo verticale o misto possono essere stabilite anche clausole elastiche relative alla variazione in aumento della durata della prestazione stessa.
Sono, però, i contratti collettivi, stipulati dalle associazioni dei datori di lavoro e dai sindacati dei lavoratori comparativamente più rappresentativi sul piano nazionale a stabilire:
1. condizioni e modalità in relazione alle quali il datore di lavoro può modificare la collocazione temporale della prestazione lavorativa;
2. condizioni e modalità in relazioni alle quali il datore di lavoro può variare in aumento la durata della prestazione lavorativa;
3. i limiti massimi di variabilità in aumento della durata della prestazione lavorativa.”
Inoltre, l’esercizio da parte del datore di lavoro del potere di variare in aumento la durata della prestazione lavorativa, nonché di modificare la collocazione temporale della stessa comporta in favore del prestatore di lavoro un preavviso, fatte salve le intese tra le parti, di almeno due giorni lavorativi, nonché il diritto a specifiche compensazioni, nella misura ovvero nelle forme fissate dal contratto collettivo applicato.